Seconda domenica del tempo ordinario

Is 62, 1-5
Sal 96
1 Cor 12, 4-11
Gv 2, 1-12

 

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

 

Maria Madre di tutti gli uomini nella vita divina

Il Vangelo di questa domenica è un Vangelo lieto, il Vangelo delle nozze di Cana di Galilea. Infine è una storia semplice, un miracolo del quotidiano. Manca il vino a un banchetto nuziale, Maria se ne accorge e chiede a Gesù un miracolo che, con qualche protesta, viene immediatamente compiuto. Potrebbe sembrare una pagina banale del Vangelo: ma è possibile che l’evangelista del simbolo, Giovanni, abbia visto l’inizio del ministero pubblico di Gesù in un evento tanto comune, in  cui il miracolo stesso perde la drammaticità abituale, quella di venire incontro a preghiere ardenti e a sofferenze gravi, come avviene negli altri racconti evangelici di miracoli? La chiave del simbolo è nelle parole che Gesù risponde alla semplice constatazione della madre «non hanno più vino». È una parola che pare dura: «Che c’è tra me e te, o donna? Non è ancora venuta la mia ora».
L’«ora» del Vangelo di Giovanni è l’ora della Passione. «L’ora è venuta», dice Gesù nell’ultima parte del discorso antecedente la cattura. L’ora è la Passione. E il ministero pubblico, con i miracoli, è la via che conduce alla Passione. Soprattutto in Giovanni, Gesù appare come colui che sa che la sua via passa per la croce romana, che questo, e non altro, è il suo cammino nella storia d’Israele e del mondo. Ed egli sembra volerla ritardare. Gesù ha avuto nostalgia degli anni oscuri, in cui egli solo conosceva il suo segreto, quando la grande pace del culto e dei riti di Israele lo rendevano un israelita comune, dolcemente, semplicemente, uno come gli altri? Ha sentito il rimpianto di Nazaret, dell’oscurità, del non essere conosciuto o riconosciuto, pur sapendo di portare in sé il più pubblico dei segreti, l’essere il Figlio del Padre, il Messia di Israele? Negli altri Vangeli Gesù prima predica e poi compie i miracoli: in Giovanni il miracolo precede la predicazione. Sono i miracoli, nella loro abbondanza e gratuità, il segno di Gesù. Essi sono compiuti in nome proprio e emergono in sovrabbondanza. Giunsero persino alla memoria di Giuseppe Flavio, lo storico ebreo romanizzato a cui dobbiamo l’unica testimonianza extracristiana sulla vita di Gesù. Il miracolo è in Gesù naturale, può avvenire persino per un motivo banale, come la mancanza del vino agli invitati alle nozze.
Giovanni, l’evangelista più sensibile alla proclamazione della divinità del Cristo, pone la potenza della parola sulla natura in Gesù come una manifestazione del Dio che egli è: può per natura ciò che i giusti di Israele hanno potuto solo per preghiera e per grazia, fare i miracoli. Ma il miracolo è a Cana anche un altissimo simbolo. Gesù manifesta la sua divinità e con ciò precipita la sua ora, l’ora della Passione. L’ora di Dio è anche l’ora della Croce. E infatti, in Giovanni, la Croce di Gesù è la manifestazione della gloria divina.
Essere innalzato sulla croce è essere glorificato. Il mistero di Dio, creatore e crocifisso, si rivela in tutta la sua potenza. Rivelandosi come colui che può cambiare l’acqua in vino, Gesù si manifesta al tempo stesso come chi offrirà la sua vita divina in riscatto per molti, secondo la parola del profeta. E ricco di simbolo è il ruolo di Maria.
Giovanni non ha un racconto del Vangelo dell’infanzia, come Matteo e Luca. Tuttavia Maria ha in Giovanni un significato maggiore che in ogni altro Vangelo. È essa che determina l’ora. La determina vincendo la resistenza stessa di Gesù. È essa, la Donna, che segna i tempi del Figlio di Dio. E non sembra sentire la nostalgia della vita nascosta, gli anni di Nazaret. Maria ha un compito nella storia di Gesù che la fede della Chiesa ha potuto leggere nell’allusione del testo evangelico.
Dal secondo secolo, con Ireneo, Maria è vista come nuova Eva: e nessun testo, come questo del Vangelo di Giovanni, può fondare meglio questa possibilità. Insieme all’altro testo, quello pure di Giovanni, in cui Gesù affida al discepolo che egli amava Maria come madre: segno di una universale maternità, espressione anche qui della lettura, sussurrata nel testo evangelico, di Maria come nuova Eva, come madre di tutti gli uomini e di tutte le donne nella vita divina.

I volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie.

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