Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.
(Ingmar Bergman)

L’innocenza

(di Hirokazu Kore’eda)

Ci sono dei film grazie ai quali ti senti bene anche per giorni (l’ultima volta che mi è capitato è stato per Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson), apparentemente senza motivo. Ma qualcosa (che quasi non sai dire) ti ha toccato nel profondo, ha colpito la tua umanità. Solo per questo vale la pena andare al cinema.

Ci sono anche film che in qualche modo si nascondono, apparentemente non immediatamente coinvolgenti, ma come si suol dire “fanno riflettere”, ad esempio L’innocenza di Hirokazu Kore’eda (il regista giapponese si direbbe specializzato nelle dinamiche familiari, basta leggere i titoli di alcuni suoi film: Father and son, Little si ster, Ritratto di famiglia con tempesta, Affari di famiglia).

Il film affronta gli stessi avvenimenti visti da 3 punti di vista, di Saori, vedova e madre di Minato, del maestro di scuola Hori e dello stesso Minato. Quest’ultimo ha 11 anni e si atteggia in modo strano, ad esempio tagliandosi i capelli da solo: per la madre il motivo è da ricercarsi a scuola, in particolare nel comportamento del maestro Hori, apparentemente protetto e difeso oltre misura dall’istituzione scolastica. Per lo stesso maestro il motivo è il bullismo di Minato nei confronti di un compagno di scuola, Eri. Ma si tratta di un equivoco, come si rivela nell’ultima parte: i due ragazzi sono amici e per questo provocati e derisi dai compagni di classe. Inoltre Eri è respinto dal padre che lo ritiene un mostro (Monster è il titolo originale del film).

Ma al di là della storia, quel che risalta è la mancata risposta del mondo “adulto” alle domande e al desiderio di identità e felicità dei due giovanissimi che trovano l’unico rifugio nella loro amicizia e nei giochi in un vagone abbandonato in un bosco.

I “grandi” del film, buoni o meno che siano, si muovono in modalità predefinita, come direbbe David Foster Wallace: “se siete automaticamente certi di sapere cosa sia la realtà e chi e che cosa siano davvero importanti – se volete operare in modalità predefinita – allora anche voi, come me, probabilmente trascurerete tutte le eventualità che non siano inutili o fastidiose. Ma se avrete davvero imparato a prestare attenzione, allora saprete che le alternative non mancano. Avrete davvero la facoltà di affrontare una situazione caotica, chiassosa, lenta, iperconsumistica, trovandola non solo significativa ma sacra, incendiata dalla stessa forza che ha acceso le stelle: compassione, amore, l’unità sottesa a tutte le cose” (Questa è l’acqua, discorso agli studenti del Kenyon College)

Per Kore’eda “il cinema […] è diventato parte del mio metabolismo ed è fondamentale per me mantenere la curiosità e lo sguardo aperto sul mondo che ci circonda. Riuscire a comunicare con il grande pubblico e entrare nelle loro vite con i mei film è una vera sfida che, devo ammettere, mi costringe a cercare costantemente spunti per le mie storie: leggo molto, vedo tantissimi film e cerco di lasciarmi sorprendere dalla vita” (v. intervista pubblicata da Domani del 20/08/24).

Finché si manterrà così, varrà la pena andare a vedere i suoi film a scatola chiusa.

Giulio Bonati

Sono nato e vivo a Genova. Laureato in Scienze Politiche, sono in pensione da tre anni. Le mie passioni: gli scacchi (giocatore preferito Bobby Fischer), il cinema (registi preferiti Paul Thomas Andrea e Terrence Malick) e il rock di tendenza (tra i gruppi preferiti King Crimson ed. XTC). Non sopporto il rosso combinato con il blu (chi ha orecchie per intendere…)”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.