10 Settembre 2023

Ventitreesima domenica del tempo ordinario

Ez 33, 7-9 – Sal 95 – Rm 13, 8-10 – Mt 18, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

 


 

 

 

Chi prega per il Padre fa il gesto più alto

I testi evangelici di questa lettura domenicale non sono lo svolgimento di un filo logico. Sono stati connessi dall’evangelista perché hanno un riferimento al medesimo tema: la comunità dei discepoli. Nessuno sostiene più la tesi di un Gesù predicatore della fine del mondo e, quindi, non disposto a dare regole per la vita nel tempo. Gesù vuole invece dare regole, ma sono le regole della presenza di Dio in mezzo ai discepoli.

Questo è il Regno per Gesù: un luogo in cui la fraternità umana avviene come partecipazione alla vita di Dio, una comunità in cui Dio è di casa.

Forse il testo più esplicito dei tre frammenti di cui la lettura si compone è l’ultimo: «dove sono due e tre uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». Questa presenza non è una presenza solamente umana. Sarebbe in tal caso affidata alla memoria, al ricordo. Sarebbe una metafora. Gesù indica il suo modo divino di essere presente, la sua reale esistenza divina. Lo si vede con chiarezza dal testo che precede immediatamente queste parole: «Se due o tre di voi si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio, che è nei cieli, la concederà». E questa sicurezza nell’esaudimento divino è dovuta appunto al fatto che Gesù è realmente presente e realmente prega con i cristiani.

Il cristiano si domanderà se è veramente così. Oggi se lo domanda con più insistenza. Vi è, per esempio, una richiesta di beni temporali, come la salute: le guarigioni divengono in molti gruppi cristiani una dimensione abituale, specie in Africa e in America latina, ma anche in Europa. In questo vi è un fatto positivo: la scoperta della importanza della preghiera, anche di quella più semplice, che domanda non grazie spirituali, ma cose temporali. La preghiera libera le braccia di Dio.

Quest’espressione può sembrare impropria, ma è di Charles Péguy,  questo grande poeta mistico a cui dobbiamo qualcuna delle più belle espressioni cristiane del secolo. Péguy la mette in bocca a Dio Padre che non può soccorrere il Figlio crocifisso, non può seppellirlo nemmeno perché, dice, «ho le braccia incrociate da questa avventura». L’avventura è la creazione del mondo. Quindi della libertà delle cose e degli uomini. La creazione è reale e la sua realtà è un limite per il Creatore. La preghiera apre nella creazione uno spazio al Creatore, lo libera dalla «avventura» del rispetto alla causalità della cosa e alla libertà della persona. Per questo si deve tentare di aprire la via al Dio che ci ama, ci vuole soccorrere, esaudire.

Pregare vuol dire limitare la potenza della creazione sul Creatore e aumentare la libertà del Creatore nella creazione, permettendogli di manifestarsi come Padre. «Padre nostro, dacci oggi il nostro pane quotidiano». Questa regola della preghiera è la regola prima che Gesù dà alla comunità.

Occorre pregare: pregare per il mondo, per chi conosciamo, per chi non conosciamo, per chi soffre, per chi fa soffrire. Siamo un popolo sacerdotale, un popolo dell’intercessione, che conduce il Padre a rivelarsi come Padre.

Negli anni passati la preghiera è divenuta troppo collettiva, fredda e astratta. Ora impariamo di nuovo che ogni persona, che prega il Signore, fa il gesto più alto, e lo fa in quanto persona, perché il Signore è in lui. E se unisce due o tre persone nell’invocazione, allora il Cristo appare più forte, il suo grido si unisce al grido delle persone, il gemito dello Spirito si fa più incessante. La preghiera è l’atto dell’onnipotenza umana.


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Un commento su “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”

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