Quinta domenica di quaresima

Ger 31, 3134
Sal 50
Eb 5, 79
Gv 12, 2033

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.
Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

 

E Cristo diventa uomo perché l’uomo divenga Dio

Il testo del Vangelo di Giovanni è un testo sulla morte e sulla risurrezione: su quella di Cristo e sulla nostra, quella di ciascuno di noi. La morte non è un pensiero lieto, nemmeno per Gesù: «Ora l’anima mia è turbata. Che debbo dire? Ma per questo sono giunto a quest’ora!».
Nel Vangelo di Giovanni, questo passaggio corrisponde all’agonia nel Getsèmani raccontata dagli altri Vangeli. Come può il Figlio di Dio, che è sempre unito al Padre, vivere con tanto timore la propria morte, sino a sudar sangue, come scrive Luca? Egli ha vissuto la morte in sé, l’ha sentita come a un tempo il limite dell’uomo e il limite di Dio: il Padre ha creato l’uomo per la vita eterna, che non conosce morte. Il mondo che Dio vuole creando è il mondo ultimo, quello della risurrezione. Non è solo l’uomo Gesù che soffre la morte, ma anche il Figlio di Dio che è Gesù, il Verbo incarnato.
La natura umana consente al Figlio di Dio di soffrire la morte, ma è appunto il Figlio di Dio che la soffre. È Dio che patisce il morire. Noi possiamo leggere il Vangelo solo nella fede della Chiesa, che è il luogo in cui si intende il mistero cristiano. I primi secoli cristiani hanno impegnato le energie intellettuali della grande fioritura cristiana dell’ellenismo per comprendere il Dio trascendente fatto uomo. I concili dei primi secoli hanno compreso ed espresso l’annuncio evangelico: il Figlio di Dio non ha assunto l’umanità come una apparenza o un vestito ma come il suo modo di esistere nel mondo. La divinità di Dio appare radicalmente nella sua umanità.
E così i cristiani credono che la loro umanità continui l’esistenza del Verbo in questo mondo iniziata con Gesù. È quanto ci dice il Vangelo di Giovanni, che leggiamo in questa domenica, l’ultima prima della settimana santa, chiamata una volta domenica di passione: «In verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se invece muore, produce molto frutto».
Morire è essere seminati in Dio: «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol seguire mi segua e, dove sono io, là sarà anche il mio servo». Gesù vede il morire dell’uomo come il momento in cui egli diviene veramente Figlio di Dio, si assimila a lui. La morte è l’atto con cui nasce in Dio la nuova creazione, quella che comparirà nel cosmo alla fine dei tempi, nella risurrezione.
Il Dio che si è umiliato, «svuotato» come dice Paolo nella Lettera ai Filippesi, nella creazione temporale in ogni uomo, trapassa nella morte dell’uomo nella nuova creazione: Cristo è il Dio che diviene uomo perché l’uomo divenga Dio. La grande parola di s. Ireneo contro gli gnostici difende la verità della incarnazione di Dio quale fondamento della divinizzazione dell’uomo nella risurrezione finale, di cui il Paradiso delle anime è la realtà sin d’ora presente nell’Eterno.

I volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie

Un commento su ““Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto””

  • Secondo me l’Unico che è’ morto e ha creato i presupposti di grandi frutti è’ proprio Gesù !
    Gli altri semi è’ necessario accudirli, governarli
    Proteggerli….

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