Domenica di Pasqua
Risurrezione del Signore

Gen 1,12,2
Sal 103
Gen 22, 118
Sal 15
Es 14,1515,1
Es 15
Is 54, 514
Sal 29
Is 55, 111
Is 12
Bar 3, 915.314,4
Sal 18
Ez 36, 1628
Sal 41
Rm 6, 311
Sal 117
Mc 16, 18
At 10, 34.3743
Sal 117
Col 3, 14/ l Cor 5, 6b8
Gv 20,19
Lc 24, 1335

Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno””. Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò loro: “Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”.
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

 

La scandalosa gioia della Pasqua cristiana nel segno della risurrezione

Pasqua è la festa del cristianesimo, in principio l’unica: la domenica è la sua ripetizione nel ciclo della settimana ebraica. Pasqua non è, se non nella forma, un tempo sacro, nella sua sostanza indica la fine del tempo e l’inizio di una nuova creazione. Gesù risorto non è un cadavere rianimato, è una nuova realtà in cui Dio e l’uomo sono compenetrati: oltre il solo Dio e il solo uomo. Che cosa sia la nuova creazione possiamo solo intenderlo nell’oscurità della fede, quando essa sente in sé l’esperienza della presenza di Dio. Tutti i credenti sono chiamati a fare esperienza di Dio, perché in essi abita già la conoscenza della nuova creazione, nascosta nei limiti del vecchio mondo e perciò non dilatata secondo la sua pienezza, ma soltanto pregustata nella sua capacità. Qui è la pienezza dell’uomo, la gioia Pasquale è l’infusione della gioia divina nel cuore umano. Sembra che il cristiano debba essere principalmente l’uomo della compassione.

Ciò vale per il suo lato rivolto verso il tempo, non per il volto della sua anima che conosce l’eterno. «Godete», dice l’apostolo Paolo. Godere non è facile, niente è in genere meno goduto delle distrazioni, dei viaggi e delle vacanze. Consolano perché interrompono il flusso della vita, indicano uno spazio fisico di libertà o forse una forma diversa di costume e di necessità. Si può godere quando la violenza copre la faccia della terra?

La risposta della fede è che la nuova creazione non è solo un gesto divino, è anche un cammino umano. Non è un caso che nelle terre della cristianità sia sorta l’avventura tecnologica che trasforma la natura e fa di essa un’opera umana. Solo nel cristianesimo l’uomo è stato pensato e vissuto come maggiore di questo mondo, appunto perché portatore del corpo del Cristo risorto e quindi del principio della nuova creazione. Questo fermento cambia la realtà, le pone innanzi sfide nuove. I nuovi cieli e la nuova terra non sono solo il dono di Dio, sono anche il frutto dell’azione umana. Il cristiano sa che non c’è misura tra i dolori del parto della nuova creazione che l’uomo vive e la futura gloria che si rivelerà sulla terra.

Possiamo obiettare con Ivan Karamazov che la futura gloria non vale il pianto di un bambino innocente. Ma Dostoevskij sa che, nelle parole di Ivan Karamazov, parla il Nemico, il demonio che rifiuta la creazione di Dio e l’esaltazione dell’uomo in essa. L’ultima parola che conclude l’epica dei fratelli Karamazov è l’annuncio della risurrezione innanzi al fatto così esemplarmente ingiusto come la morte giovane di un giusto. La nuova creazione passa tra i dolori del parto: sono i meninos da rua di Rio, i morti violati della postJugoslavia, lo stillicidio di vite africane a sud del Sahara, la prostituzione infantile che occupa la faccia della terra, la crescente versione sadica del sesso, le morti desolate dall’AIDS. La nuova creazione passa per tutti i porti in cui l’uomo non riesce a sostare e cerca in ogni momento di dimenticare.

«Godete, ve lo dico nel Signore, godete»: Lasciate passare in voi la gioia di Dio. Ma come può Dio essere gioioso, se la sua prima creazione è così triste? Perché creare l’uomo, cioè una coscienza che ha il desiderio dell’eterno e conosce il morire? Può mai l’uomo essere veramente felice? Non è Dio «il brutto poter che a comun danno impera» del Leopardi? Non è un dio cattivo l’autore della prima creazione, come pensano gli gnostici e i manichei? Come possiamo, Signore, godere della tua risurrezione, se noi siamo così poco risorti e possiamo essere sereni solo se diventiamo banali?

La fede Pasquale, la fede nella gioia Pasquale è possibile se si accetta di diventare creatori di una nuova creazione, di un mondo altro dal presente. L’amore trapassa il nulla che è nella realtà e Io riempie di sé stesso: l’amore è Dio. Solo nell’amore possiamo guardare il nulla dell’esistere perché in quel momento noi guardiamo il tempo con gli occhi dell’eternità. L’amore è oltre la ragione, oltre la coscienza del tempo. È esso la nuova creazione, per piccolo che esso sia. Nel suo spazio si intagliano tutte le cose, la vita è motivata, ricreata, continuata. La gioia dell’amore divino diviene gioia del cuore umano. La fede è difficile, ma l’amore è facile. È difficile credere nella risurrezione, è facile lasciarsi trapassare dalla sua forza, la grande regale via data a ogni uomo: il poter amare.

Lacondizione del credente non è privilegiata, perché deve rendere conto della sua fede: e non è facile. Eppure i credenti mantengono la giustificazione della universalità dell’amore sulla terra proprio attraverso la loro particolarità di credenti. Mantengono il segno del Cristo. «Beati quelli che non vedono eppure credono»: credere è un compito di chi lo crede svolto anche per chi non crede.

Credere vuol dire prendere su di sé non solo la debolezza di Dio, il suo amore, ma, soprattutto, la sua gloria. E la fede va difesa dalla banalità, dall’errore, dalla miscredenza, è il tesoro nei vasi di creta. Re, nel tempo, testimoni della sua incredibile, scandalosa, gloriosa gioia Pasquale.

I volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie.

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