Es 32, 7-11.13-14
Sal 51
1 Tm 1, 12-17
Lc 15, 1-32

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

La ricchezza è tentazione
Questo Vangelo porta l’impronta di Gesù. È un Vangelo ironico e niente è personale quanto l’ironia. Solo dei professori tedeschi possono aver fatto credere al mondo che i Vangeli sono delle invenzioni collettive dei cristiani delle origini. Quando la ragione è separata dall’intuizione, quando scandaglia la superficie dimenticando la profondità, possono nascere metodi incapaci di afferrare i segni della persona.
Solo un maestro straordinario, avente una eccezionale autorità, può permettersi di sfidare l’uditorio con una parabola scandalosa. Un amministratore ladro ha deciso di farsi degli amici, quando sa che il suo padrone ha scoperto il furto. Allora chiama i debitori del suo padrone, presenta loro il titolo del loro debito e gli fa dimezzare sul titolo l’importo. Devi cento barili d’olio, siediti e scrivi cinquanta. Ne chiama un altro.
Devi cento misure di grano? Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. L’amministratore aveva inventata una tangentopoli alla rovescia. E in modo così perfetto che potrebbe essere accusato a un tempo di corruzione e di concussione. Il lettore si aspetterà ché Gesù condanni il ladro. Tutto il contrario: «Il padrone lodò quell’amministratore, perché aveva agito con scaltrezza». Chi non si scandalizzerà anche oggi di fronte a questa conclusione? È questa l’ironia.
Gesù ha colpito così duro perché ha voluto dare un insegnamento che è difficile a praticarsi: «Procuratevi degli amici con l’iniqua ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancarvi, vi accolgano nelle dimore eterne». Gesù non dice che ogni ricchezza sia ingiusta, ma che vi è una ricchezza ingiusta. E quanto diffusa!
Nel nostro mondo il costume corrente è quello di usare il proprio potere oltre il suo limite. Vi è una ricchezza ingiusta, che conduce alla divina condanna, alla condanna di Dio nel tempo eterno. Gesù invita quindi il ricco ingiusto ad abbandonare materialmente la ricchezza ingiusta. Non con l’intenzione, ma con il fatto. Dio guarda il cuore, ma se le opere non seguono il cuore, il cuore è finto e Dio condanna il cuore finto.
La forza dell’ironia di Gesù è collegata alla durezza del precetto che vuole imporre. Chi se non un uomo di straordinario fascino e autorità, una persona unica, avrebbe potuto usare una così sottile ironia per inculcare un così terribile precetto? I profeti di Israele avevano parlato duramente contro la violenza e l’ingiustizia nella città, ma l’invettiva è meno incisiva della serenità sferzante dell’ironia, che critica la ricchezza ingiusta facendo l’elogio della scaltrezza di un ladro.
Gesù va oltre l’ingiustizia della ricchezza nel suo gesto esteriore, l’ingiustizia contro il prossimo. Non guarda, come i profeti dell’Antico Testamento, soltanto la legge e il comportamento. Vede che il desiderio della ricchezza può divenire una passione che travolge la religione interiore del cuore: non una violazione dell’amore verso l’altro uomo, ma una violazione di Dio.
Gesù annuncia l’amore di Dio, chiede che il cuore sia rivolto verso il Padre. Insegna, attraverso l’amore che egli, visibile e udibile, impersona, ad amare Dio, che non è visibile ed udibile al medesimo modo. Gesù non impone il disprezzo dei beni, ma non accetta che essi divengano il centro della vita. Vuole che l’uomo sia uomo, creatura, bisognoso delle cose e, al tempo stesso, figlio di Dio, capace di vivere oltre esse.
Il Vangelo ha dato al povero la dignità di figlio di Dio perché ha posto Dio e l’uomo più in alto del mondo, quindi dei beni del mondo. Il cristianesimo ha potuto essere «la religione degli schiavi», come scrisse Simone Weil, perché Gesù aveva indicato la passione della potenza e della ricchezza come alternative all’amore divino. E aveva chiamato la ricchezza con il nome di Satana: Mammona.
Satana vuol dire tentatore. La ricchezza è tentazione. Se i cristiani si fossero ricordati, in questi decenni, di queste parole, tangentopoli non sarebbe mai sorta.
volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie.
