La lettura di un autore, P. Stolz, che parla della mistica in modo nuovo, è l’occasione per Baget di una riflessione sul tema. La novità era data dal fatto che la mistica non è più vista come riservata ai santi, alle occasioni straordinarie, agli effetti preternaturali e miracolistici, ma diviene parte integrante della fede comune di ogni Cristiano. Diventa così l’esplicitazione della presenza di Dio in noi. Coltivare questa presenza diventa così la mistica comune del giorno d’oggi. Baget fornisce poi alcuni strumenti per quest’azione: la preghiera mentale, di contro alla pochezza della vocale, la ricerca continua e il desiderium del cuore di una comunione sempre più profonda, la “compassione” divina che diviene la nostra compassione per il mondo ed ogni singolo uomo. Tutto questo animato da una fede “trinitaria”, ovvero capace di considerare nel silenzio interiore sia la vita del Padre, sia la vita del Figlio, sia lo Spirito come Paracletòs ovvero Consolatore, Colui che ci mette in comunione vitale con il Padre ed il Figlio. (Mons. Sergio Simonetti)

da il Sabato, 1993

Per mistica si intende qui l’esperienza di Dio vivente nella persona umana. L’uomo è immagine di Dio nella creazione. La grazia lo rende “partecipe della natura divina”. Questa dimensione profonda della vita mentale e della vita spirituale, della natura e della grazia, fa parte dell’esperienza del credente? Tale era il problema che si poneva nel libro (La teologia mistica) del padre Stolz. Prima di esso, la mistica era concepita come un fatto straordinario, di cui non c’era una dottrina teologica certa: esso esisteva solo nel racconto di chi l’aveva vissuta con un particolare livello di coscienza. Appunto perché si trattava di casi singoli, era difficile costruirne una visione d’assieme.

E soprattutto era difficile per la teologia affermare che l’esperienza di Dio presente nello spirito dell’uomo fosse una vocazione comune a tutti i cristiani. In tale riserva dei teologi vi era una preoccupazione: quella di evitare esaltazioni, illusioni e così via.

Molte cose sono cambiate dagli anni ’40: e tuttavia l’idea che l’esperienza di Dio vivente nell’anima sia una esperienza straordinaria è rimasta diffusa tra i credenti. Ogni persona umana ha presente Dio nella sua persona: i cristiani conoscono per fede che la Trinità abita in essi. I cristiani in particolare sono chiamati a riconoscere la presenza delle Tre Persone in essi come il proprio effetto della grazia.

Un certo accento unilaterale messo sulla liturgia dai liturgisti, durante e dopo il secondo Concilio Vaticano, ha contribuito a far dimenticare il valore primario della esperienza mistica che avviene nel profondo dell’anima, che designiamo con il termine “cuore”. I cristiani sono chiamati alla coscienza di essa in tutta la loro giornata: a essere, come si dice, “contemplativi nel mondo”. È richiesta una attenzione a questa presenza: anche le grazie più straordinarie hanno sempre scelto anime, come si dice, di orazione, capaci cioè di una attenzione continua al divino Ospite.

Anche il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica ha trattato dell’orazione, cioè della preghiera raccolta attorno alla presenza della Trinità in noi, come di un elemento essenziale della vita cristiana. Esso cita la definizione di s.Teresa d’Avila, proclamata da Paolo VI dottore della Chiesa: “L’orazione mentale è uno scambio intimo d’amicizia in cui ci si trattiene spesso, solo a solo, con quel Dio da cui ci si sa amati”. E il testo conclude l’esposizione notando che “l’orazione mentale è l’espressione semplice del mistero della preghiera”. Ciò non distoglie il cristiano dall’attenzione alla realtà del mondo, perché Dio stesso è rivolto verso di esse. Pascal dice che Gesù è in agonia sino alla fine del tempo. E vuol dire che tutti i dolori e tutte le speranze dell’uomo, del mondo, della creazione sono presenti nel mistero di Dio. Il cristiano che sa ricordarsi della presenza della Trinità nella sua anima riceve da questa partecipazione il motivo più alto dell’azione: cioè la compassione universale per ogni creatura. Riceve quella mitezza e umiltà di cuore che fa di esso lo spazio in cui può abitare l’amore universale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che l’orazione “è un silenzioso amore”. Ma questo “silenzioso amore” è una partecipazione all’amore stesso con cui Dio ama il mondo e vive all’interno delle sue gioie e dei suoi dolori.

La mistica è propria del cristiano in quanto tale. Essa significa anche imparare a ascoltare lo Spirito Santo che ispira i pensieri e le azioni con una sicurezza e un ardimento che non viene dal mondo. L’attenzione all’Ospite divino, vissuta quotidianamente, consente di entrare nel profondo della storia e comprendere il mistero di Dio che si compie nel tempo. Con la ragione critica è facile vedere il male, ma nello Spirito si coglie il brulicante crescere del bene e il cammino del Regno di Dio negli avvenimenti dell’uomo.

Gianni Baget Bozzo

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