“E’ il Cristianesimo una variante delle religioni? O vi è nel Cristianesimo qualcosa di assolutamente diverso dalle religioni? Il Cristianesimo non ha posto l’uomo dinanzi al divino, ma Dio all’interno dell’uomo e l’uomo all’interno di Dio: porta dunque in sé un principio di differenza dalla religione. Non a caso la parola più alta sia nel Cristianesimo che nella civiltà che da esso è nata, l’Occidente, è la parola libertà”. (Profezia – Il Cristianesimo non è una religione – don Gianni Baget Bozzo)

Le riflessioni di don Gianni in questo testo tratto dal suo libro “Profezia” ci pongono innanzi alla reale essenza del Cristianesimo che va oltre i dettami delle religioni del mondo ed oltre la sapiente speculazione delle filosofie di vita come quelle di origine orientale. E tutto ciò grazie all’esperienza della Croce. Dio porta la salvezza per l’uomo attraverso il Kerygma della Croce, l’annunciazione, quindi, di un fatto che instaura una nuova alleanza tra il divino ed il mondano in cui Dio è nell’uomo e l’uomo è in Dio.

La sapiente speculazione degli antichi greci giudicherebbe tale fatto come folle o l’esegesi degli scribi israeliti lo additerebbe come scandaloso, ma la crocefissione del Figlio di Dio, Gesù Cristo, non è altro che l’atto sublime di amore e di libertà in cui il “Verbo che si è fatto carne” ci pone ma non ci impone la via della redenzione con la Pasqua della Resurrezione. Buona lettura (Alessandro Gianmoena)

 

Il tempo delle religioni non sparisce con la Resurrezione di Cristo perché non sparisce il tempo. L’Incarnazione di Dio si pone in contrasto con le religioni, poiché esse rappresentano la prima creazione.

In quanto frutto dell’ordine angelico intrinsecamente plurale, le religioni hanno tutte forma collettiva: sono definizioni di tradizioni e di popoli. In sé hanno la bontà della prima creazione, fondata sulla molteplicità pura. Ciò assegna un tempo alle religioni, che non costituiscono la negazione della Redenzione, ma sono caratterizzate dalla piena alterità rispetto ad esso.

Questa piena alterità è segnata dai due tempi della creazione: la prima e la seconda creazione. Per tale motivo la differenza rimane essenziale, ed è costituita dall’evento Gesù Cristo. Cristo è lo spartiacque tra le religioni ed il Cristianesimo: ciò significa che tutto quello che nella prima creazione è conforme alla seconda rimane tuttavia contrario al vettore escatologico della seconda creazione.

Le religioni tendono a riferire l’uomo a un ordine che rimane immanente al nulla creaturale, e che di conseguenza li pone sotto il segno della sottomissione; invece la nuova creazione pone l’uomo sotto il segno di Gesù Cristo, quindi della perfetta libertà.

Per questo non è tanto il contenuto delle religioni ad essere il contrario dell’evento cristiano, quanto la direzione del movimento. L e religioni si muovono dall’origine del mondo, il Cristianesimo si muove verso la seconda creazione, in cui avviene l’unione dell’uomo con Dio.

Le religioni sono segnate dall’immanenza del divino nel mondo, quindi dalla mondanità del divino, per cui la differenza tra l’umano e il divino rimane caratterizzata dalla subordinazione di un grado del cosmo a un altro. Il Cristianesimo afferma sia la piena realtà dell’Uno e Unico e della differenza ontologica tra Dio e l’uomo sia, al tempo stesso, la loro unione in Gesù Cristo. L’evento Gesù Cristo crea una differenza radicale tra la dimensione del Cristianesimo e quella delle religioni: in tal senso il Cristianesimo non è una religione.

E’ proprio questo che rende illusorio ogni tentativo di mediazione: infatti anche le verità comuni al Cristianesimo e alle religioni, che esprimono la continuità tra la prima e la seconda creazione, vengono inserite in un contesto di contrarietà. Le verità comuni si situano in un contesto globale contrario: l’uno ha per riferimento il nulla e la differenza fra il divino e l’umano, l’altro l’unità dell’uomo nell’essere divino. Quando le parole indicano le medesime realtà, le indicano in due diverse prospettive, l’una contraria all’altra. E’ proprio qui che nasce la sterilità del dialogo fra le religioni; dialogo del resto mai riuscito neanche tra le religioni stesse, segnate dalla molteplicità originaria, quindi dalla inconciliabilità delle differenze.

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