La Newsletter  n.1  dell’anno 2025  affronta il tema del rapporto tra l’uomo e la natura.

A tale proprosito ripronomiamo un testo di don Gianni Baget Bozzo, pubblicato da Panorama il 29 dicembre 2004

Viviamo in un mondo unico che il sistema di comunicazione pone a misura di ciascuno. Il maremoto
che ha sconvolto il sud-est asiatico, congiungendo l’Indonesia al Kenia, ha colpito il paradiso delle
vacanze occidentali, l’idea di un mondo preservato, di una natura intatta, accessibile con tutti i
conforti del vivere occidentale. L’occupazione più immediata delle potenze occidentali è quella di
contare i propri morti, di recuperare i propri cadaveri, di numerare i dispersi, di accogliere i salvati.
Ma un mondo di realtà fantastiche, un paradiso reale di immaginazione è andato perduto, di fronte
a quello che può essere considerato un fenomeno imprevedibile per la normale esperienza che l’uomo ha della natura. Ora comincia la grande impresa di evitare il collasso dei sistemi sanitari dei paesi interessati, minacciati dall’epidemia che migliaia di cadaveri possono scatenare. E si apre qui, tra i paesi del popolo delle vacanze e le terre asiatiche, uno sforzo comune in nome della comune vita.

Nessun sistema preventivo metterà mai l’uomo al sicuro dall’imprevedibile terrestre: anche se questo imprevedibile può essere misurato nella sua realtà, rimangono inconoscibili i suoi tempi. E la storia umana si svolge sempre in un momento, nell’attimo imprevedibile che rompe la normalità
del tempo con lo scossone di una terra non domata, anche se posseduta.
Potrà l’uomo mai piegare la natura sino a renderla solo strumento dei suoi bisogni e delle sue
pulsioni? O vi è un momento della natura destinato a sfuggire all’uomo, a fargli presente
costantemente il senso del suo limite? Questa ingovernabilità della natura è da sempre il principio
del senso religioso; il sentimento, cioè, che non tutto dell’uomo dipende dall’uomo, e che vi è
sempre un momento impercorribile in cui fattori estranei alla conoscenza e alla volontà umane si
fanno sentire e costituiscono quello che si chiama “destino”.
Il mondo pagano conosceva queste dimensioni e le conosce ancora, laddove esso vive intatto, come
nei grandi miti induisti, nella triplice forma del divino: creativa, distruttiva e benefica. Il mondo
cristiano sa che la natura è una natura caduta, soggetta alle potenze del male e del peccato, e che
quindi non è semplicemente amica dell’uomo: può essere dall’uomo vinta con la sua opera
fondamentale, il lavoro, ma non può essere pacificata.
Tuttavia il lavoro umano ha una sua dimensione salvifica, legata alla creazione dell’uomo: il possedere la terra è la benedizione data da Dio ad Adamo. La società tecnologica può non eliminare l’inimicizia naturale che il peccato ha posto tra la terra e l’uomo, ma proprio perché la natura umana è redenta in Cristo, anche la tecnologia può compiere la sua opera per rendere abitabile la
terra; anche se non riuscirà mai, nel tempo della storia, a unire in un corpo solo la natura e l’uomo.
Eppure questo sposalizio tra natura fisica e natura umana è il significato ultimo dell’escatologia
cristiana, che spera “nuovi cieli e nuova terra”, e ritiene possibile, per il fatto che il compimento è
certo in Dio, che una sua prefigurazione possa nascere all’interno del tempo storico.

don Gianni Baget Bozzo


Commenti al testo di don Gianni Baget Bozzo:

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Il Sacro e il Santo. Note sull’origine del senso religioso e il destino dell’uomo di Davide Penna

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